martedì 3 giugno 2014

L'educazione ai tavoli da gioco.

Ancora il mio amico Mimmo, fonte inesauribile di storie di gioventù, in una simpatica e comica avventura. "Prima che il Casinò venisse completamente ristrutturato avevo l'abitudine di recarmi al lavoro (al Casinò appunto) percorrendo il tunnel che si trova in cima al parcheggio sud. Abito proprio ai piedi del parcheggio e quindi per me era una gran comodità. Ora non è più fattibile, ma questo non c'entra niente. Stessa cosa al termine del lavoro: prendevo l'ascensore che portava al tunnel e da lì al parcheggio e dal parcheggio a casa. Ma questa è solo la premessa. Una sera di qualche anno fa (prima appunto dei lavori di rifacimento) ero in sala giochi a svolgere il mio lavoro. Succede tuttora, alle volte, che qualche cliente, un po' incavolato dall'andamento negativo della fortuna o perchè nervoso di suo, si comporti in modo poco educato, magari lasciandosi scappare apprezzamenti poco gradevoli nei confronti dei colleghi se non di qualche Santo o ancora più su. E questo non lo sopporto. Successe proprio così anni fa. In relazione alle parole di un giovane che molto sbruffonamente stava dileggiando un collega e in virtù del ruolo che ricopro (capotavolo), molto educatamente lo avvicinavo dicendogli che tale atteggiamento era poco consono all'ambiente, nei riguardi di altra clientela e, soprattutto, nei confronti del collega che nulla poteva se la mala sorte gli si era appiccicata addosso come una sanguisuga. Vedendo che comunque, dopo il mio intervento, nulla gli era entrato in capa e anzi continuava con i suoi improperi mi risolsi ad avvertire la sicurezza che provvide ad allontanare il tizio dalla sala. Che però prima di farsi accompagnare all'uscita si rivolse al sottoscritto minacciando di aspettarmi fuori (probabilmente per regolare i conti, visto che secondo lui ero io l'artefice dell'allontanamento)). Non dico che per me questa sia ordinaria amministrazione ma casi del genere non sono infrequenti per cui un momento dopo già avevo già dimenticato l'accaduto e tornavo ad espletare le mie mansioni. Quando, finito il turno di lavoro e rivestitomi degli abiti borghesi, mi incamminai verso l'ascensore che mi avrebbe portato al tunnel e di lì al parcheggio e di lì a casa, proprio di fronte alle porte dell'ascensore ti vedo, mentre mi avvicino, il tipo che avevo fatto espellere. E chiaramente mi tornò alla mente la minaccia. Ora i casi erano due: o girare sui tacchi e tornare indietro per aprofittare di un'altra uscita ma dimostrando a lui e a me stesso di avere paura o, gonfio di orgoglio ma con le gambe che tremavano affrontare a muso duro il potenziale assassino. Scelsi la seconda ipotesi e sperando, alla peggio, di essere più veloce di lui nella corsa mi avvicinai notando che, nonostante il mio mutato abbigliamento, mi aveva riconosciuto. E' fatta, pensai. Ora non mi resta che incrociare le armi e già mi vedevo con un coltello nella pancia o con tutte le ossa rotte che per ricomporle avrei dovuto prima numerarle. Invece a due passi da lui mi sento dire "senta mi scusi per prima....ma avevo perso la testa e non sapevo cosa dicevo". Giuro. Avete presente un palloncino che si sgonfia? Bene io ero quel palloncino. Tutta la tensione che mi aveva pervaso se ne stava scemando come l'aria. Ma no, feci io, si figuri....può succedere (con fare maledettamente finto-modesto)...può capitare a tutti di perdere le staffe. Insomma era andata. E faticai non poco a convincerlo che ero stanco e volevo andare a casa, perchè a tutti i costi voleva offrirmi da bere."  (immagini prese dal web)

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