Ho trovato questo racconto dal carcere, scritto da un ex detenuto del carcere di Pisa, Giuseppe Musumeci. Sono rimasto molto colpito e sono lieto di pubblicarlo
Mi ricordo, era l’estate del 1990, da pochi giorni, ero stato assegnato presso il carcere di Lucca, proveniente da un altro carcere. Stavo mettendo a posto la branda quando dalla finestra mi giungeva il pianto, urla strazianti di un uomo.
Mi affacciai e vidi un uomo sui sessanta anni e più, due agenti lo tenevano per le braccia e lo accompagnavano all’uscita del carcere in quanto scarcerato per fine pena.
Lui si divincolava che qui ora era la sua casa, la sua famiglia, e giù lacrime amare ma niente da fare, venne messo fuori dalle mura con le buone e meno buone maniere, da non credere, migliaia di detenuti avrebbero fatto volentieri cambio con lui, incuriosito volli sapere la sua storia.

Tantissimi anni prima, si parla di decenni, costui uccise con una fucilata un vicino di casa per questioni di terreno agricolo, futili motivi giuridicamente parlando. Era sposato, aveva due figli, moglie e genitori, condannato a 24 anni.
Come succede nei carceri italiani, iniziò a girare come una trottola nei vari istituti, non perché era rissoso o portatore di guai, semplicemente perché il sistema predilige questo sistema, fare girare il condannato nelle varie regioni italiane, almeno diventa bravo in geografia.
Gli anni passavano, lentamente ma passavano, circa una decina erano trascorsi, un brutto giorno ricevette un telegramma, sua madre era in fin di vita, chiese un permesso per gravi motivi, venne respinto, sua madre morì, alcuni mesi dopo stessa sorte seguì il padre, anche per lui niente permesso.
La depressione saliva, gli anni passavano, un figlio gli morì in un incidente stradale, chiese un permesso per gravi motivi, la risposta venne una ventina di giorni dopo, dato che i funerali erano già stati fatti era inutile concedere il permesso. Nell’ambito carcerario nulla deve meravigliare neanche tale motivazione.
Forse per un atto di pietà, il poveretto venne trasferito al carcere di Lucca, vicino pochi km dal luogo di residenza, intanto chiedeva permessi premio per stare con la moglie e la figlia rimasta, i rigetti erano identici: necessita ulteriore periodo di osservazione, oppure, manca relazione G.O.T. e via dicendo, evidentemente non era nato sotto una buona stella; di lì a poco morì la moglie, niente permesso, l’unica figlia rimasta, probabilmente per non impazzire andò con suo marito in Canada e smise di scrivere al padre incolpandolo di tutto quello che era successo.
L’uomo rassegnato si arrese e visse da prigioniero sia nel corpo che nell’anima, non chiedendo più nulla, lo misero a lavorare, svolse varie mansioni, fino a metterlo lavorante in infermeria e anche a fare le pulizie fuori dal portone del carcere, aveva anche il permesso, il fortunato, di prendersi un caffè al bar di fronte al carcere.
Non chiedeva più nulla, era solo, aveva la sua cella singola, lavoro fisso, un bel gruzzolo sul conto corrente, viveva di ricordi… Alcuni suoi amici, che forse amici non erano, a sue insaputa inviano istanza con sua firma chiedendo al Magistrato di Sorveglianza la liberazione anticipata (tre mesi di carcere in meno per ogni anno espiato), dato i decenni trascorsi, il buon comportamento lì venne concesso e tolti quasi cinque anni venne la sua scarcerazione tra le lacrime del poveretto. Seppi in seguito che venne ospitato in un convento e lì morì di certo in pace anche se di fatto si era ormai istituzionalizzato.(immagine presa dal web)
Giuseppe Musumeci
Ex detenuto carcere di Pisa – 21/02/06
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