Sette anni sono passati da quella sera del 16 novembre 2007 quando entrai n coma dopo un intervento chirurgico durato un’intera notte durante il quale un’equipe di medici mi trapiantò un fegato nuovo. Dovrebbe essere un ricordo ormai sopito nel tempo, dal momento che sono ritornato a pieno ritmo alla vita di ieri, circondato dall’amore di mia moglie, che mi è stata sempre vicina nei momenti più delicati, dei miei figli, dai miei amici.

Nonostante ciò spesso e volentieri nei momenti di solitudine mi ritrovo con i miei pensieri immerso nei ricordi di quel periodo, ricordi non sempre piacevoli, anzi, il più delle volte dei veri incubi. Ricordo quella figura tetra vestita di nero che in ogni momento mi ricordava che determinati valori clinici ( non so specificare quali) non dovevano arrivare allo zero, altrimenti lei mi avrebbe portato con sé. Io lottavo con tutte le mie forze (nella fattispecie dovevo pedalare) per far salire quei parametri i quali, nonostante i miei sforzi, scendevano inesorabilmente fino ad arrivare in prossimità dello zero, per poi salire millimetricamente. Io pedalavo sempre più forte con gli occhi gonfi di lacrime fissi sul display, fino a che spietatamente la numerazione scese fino a zero. Tutto intorno a me divenne buio, rividi davanti ai miei occhi la tetra figura che si avvicinava lenta e inesorabile, quando tutto ad un tratto mi ritrovai all’inizio di un lungo tunnel semibuio, illuminato solamente da una fievole luce situata a metà strada, proprio nel punto in cui lo stesso voltava a destra. Superata la curva mi trovai di fronte una scalinata a scendere dove in fondo stazionavano tante figure vestite di bianco che tendevano le mani verso di me. Arrivato a questo punto cerco puntualmente di distogliere la mia mente da questi incubi per evitare di andare oltre la realtà, vado a cercare mia moglie Stefania, senza la quale anche io sarei adesso in fondo alla scalinata a tendere la mano a chissà chi, e la stringo forte a me. “Ti amo.” Le sussurro. (immagine presa dal web)
Romolo Benedetti
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